taukay117

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Niccolò Paganini 
Capriccio XXIV 
elaboration for bass clarinet by Rocco Parisi

Niccolò Paganini 
Variazioni di bravura sopra temi del Mosé di Rossini
for bass clarinet and string quintet
transcription by Rocco Parisi

François Borne 
Fantaisie brillante sur Carmen 
for bass clarinet and piano

Roberto Cognazzo 
Rotazione, girotondo semiserio su spunti di Nino Rota 
per clarinetto basso e pianoforte

Eric Dolphy 
God bless the child 
for bass clarinet

Andrea Basevi 
Milonga de l'ironia 
for bass clarinet and accordion

Luciano Berio 
Sequenza IX c 
for bass clarinet

 

Rocco Parisi
clarinetto basso

Xenia ensemble 
Eilis Cranitch - Christine Anderson- violin
Michéle Minne - viola 
Elizabeth Wilson - cello
Giovanni Chiaramonte -bouble-bass

Roberto Cognazzo - piano

Giorgio Dellarole - accordion

 

 

 

Nell'ambito di un progetto inteso a valorizzare giovani talenti artisti e come già in altri casi è avvenuto, l'Assesorato alla Cultura della Provincia di Genova ha aderito alla richiesta dell'Associazione "Sant'Ambrogio Musica" contribuendo alla realizzazione del compact "That's Incredible!" che vede assoluto protagonista Rocco Parisi. Il risultato &egrave oggi alla portata di tutti gli appassionati di musica e l'augurio è che tutti possano apprezzarne la varietà di stili e il livello artistico dell'esecuzione.

GABRIELLA AIRALDI
ASSESSORE ALLA CULTURA DELLA PROVINCIA DI GENOVA

La virtù d'un ciarlatano che suona sull'ala del turbine intelligente.
Note su "That's incredible!"

Questo è un disco virtuoso di un virtuoso e ha dunque come oggetto il virtuosismo. 
Ha peraltro virtù, ha valore e forse, a sentir Boccaccio, è dotato di proprietà miracolose; certo è opera di "chi è assolutamente padrone dei mezzi tecnici connessi con l'esercizio di un'arte", nello specifico: della musica. Un virtuoso, dunque pure un "uomo dotato di varia cultura, anche se non fornito di particolari specializzazioni" (dal latino tardo virtuosus), salvo, nel nostro caso, quella professionale collegata all'uso (perfino sopra le righe) del suo "attrezzo" musicale.
Un Pelé o un Maradona del clarinetto basso, attento e vivace, pronto a usare lo strumento persino contro la sua stessa natura, sicuramente non (solo) come "mezzo espressivo", non in linea con la tradizione; questo che udremo non è più un "clarinetto basso", è bensì uno "strumento" portato all'estremo del virtuosismo, in un luogo di sospensione della ragionevolezza e della potestà normativa della tradizione dove l'unicità e l'irripetibilità della scelta espressiva pone il virtuoso fuori dal coro; ne fa uno strumentista egregio: ex-grege, fuori dal gregge. E infatti negli altri non c'è asprezza, non c'è personalità del suono. Gli altri suoi colleghi son usati dallo strumento, dalla sua immagine sonora tradizionale; in conformità con i dettami del gusto corrente essi levigano note senza quasi mettersi in gioco. Gli altri, non il nostro virtuoso.
Talché questo è un disco che ha per oggetto virtù e valori talora portati all'estremo, estremizzati e riconvertiti in emozione, in stupore, in meraviglia. E certo è che, a seguir questa via, si rischia di dover correr perennemente in fil di lama, pronti a violare le regole scritte e non scritte del buon gusto, del conformismo, financo della maniera, flirtando di continuo con ciò che il bigottismo critico definisce ciarlataneria. 
La preoccupazione di assegnare alla musica il predominio del contenuto, cioè di precisi messaggi restituiti attraverso l'espressività, era molto diffusa nel periodo romantico e nel tardoromanticismo di cui ancora s'è figli ... e ci si conformava, e ci si conforma. Qui, in queste esecuzioni al limite del funambolismo circense, invece, come accadeva per uno dei "numi tutelari" di questo disco, Nicolò Paganini, s'intende dimostrare come anche il fatto puramente tecnico, annullando o riducendo al minimo o ancora facendo balenare qua e là, in guizzi transitori, la sostanza musicale, cioè la materia prima, è in grado di suscitare emozioni. Il contenuto musicale viene allora svuotato di valori e plusvalori comunicativi; dunque, ecco una musica che non deve trasmettere specifici messaggi, ma stupire: e lo stupore è pur esso un sentimento anche se di natura completamente diversa da quella che normalmente si accompagna all'ascolto della musica. Un poco come riaffermare, a distanza di secoli, che "è del poeta il fin la meraviglia".
Scrive Matteo Nicolò de Ghetaldi nel 1824, dopo aver ascoltato a Venezia il virtuoso Nicolò Paganini: "Credo che sia un ciarlatano anche se &egrave molto abile. Il suo modo di fare piace alla gente ... E' straordinario quello che egli può fare con la mano ... Talvolta si aveva l'impressione che suonassero tre persone. Messere Naldi si seccò molto di queste dimostrazioni e mi disse sottovoce che simili cose erano più adatte a una fiera che non a un concerto. Più tardi il Dottor Martecchini tentò di suonare il violino di Paganini ma con sua grande sorpresa si accorse che lo strumento era completamente stonato. Paganini replicò con un riso sardonico che egli suonava sempre con il violino stonato... Mentre ritornammo a casa, sulla gondola si trovava anche un domenicano che raccontò che Paganini aveva venduta l'anima al diavolo. Il vescovo aveva ordinato di non lasciare più suonare il genovese nel cimitero perché profanava un luogo sacro. Di conseguenza gettammo il domenicano in acqua".
Un atteggiamento perlomeno ambivalente, ben ribadito una ventina d'anni or sono dall'altro "nume" posto a protezione (ma pure nume motivante) di That's incredible!, Luciano Berio.
"Ho grande rispetto per il virtuosismo anche se questa parola può suscitare risolini di scherno e può persino evocare l'immagine di un uomo elegante e un po' diafano con le dita agili e la testa vuota
Il virtuosismo nasce spesso da un conflitto, da una tensione, tra l'idea musicale e lo strumento, fra il materiale e la materia musicale ... Una ben nota situazione di virtuosismo può avverarsi, per esempio, quando preoccupazioni tecniche e stereotipi esecutivi hanno il sopravvento sull'idea, com'è il caso di Paganini la cui opera, che io amo molto, non ha certamente rimescolato la storia della musica ma ha contribuito allo sviluppo della tecnica violinistica. Un altro caso di tensione si ha quando la novità e la complessità del pensiero musicale - con le sue altrettanto complesse e diversificate dimensioni espressive - impone cambiamenti di rapporto con lo strumento, spesso imponendo qualche inedita soluzione tecnica ..., ove all'interprete è chiesto di funzionare a un altissimo livello di virtuosismo tecnico e intellettuale. ... il virtuoso di oggi, degno di tale nome, è un musicista capace di muoversi in un'ampia prospettiva storica e di risolvere le tensioni fra la creatività di ieri e di oggi. Le mie Sequenze sono scritte, sempre, per questo tipo di interprete ..., il cui virtuosismo &egrave, innanzi tutto, un virtuosismo di consapevolezza". 
Ecco come si supera l'orizzonte limitato della "ciarlataneria", della musica "gastronomica" a tutti i costi, per situarsi all'interno di altre prospettive, dove la musica vale per se nella sua eseguibilità ristretta, élitaria: "mollement balancés sur l'aile / du tourbillon intelligent" come diceva Baudelaire (e come ripeteva Glenn Gould).
S'è detto che il nostro strumentista, il nostro virtuoso, Rocco Parisi insomma, è musicista egregio. Resta per ciò stesso evidente che questa sua scelta esecutiva è una scelta sfacciata. Nessuna modestia, nel senso goethiano, la virtù degli straccioni. Né rigore astratto a posteriori, in sede esecutiva, o pensar troppo a quel che si sta facendo nel corso dell'esecuzione in quanto tale: si rischia la fine del millepiedi cui si chiese in qual ordine movesse le zampine e che restò paralizzato per il solo fatto di quel pensiero. E' una scelta estrema e stuporosa, nata prima che dall'atletismo strumentale, dal virtuosismo dell'intelligenza o della consapevolezza cui Berio alludeva. 
Il risultato è intrigante e coincide con il tentativo "di proporre una musica priva di aura, secca ed impudica ... nella propria gracilità. Un eccellente, fedelissimo grafico di uno stato cadaverico che ha soltanto uno scopo: quello di constatare l'avvenuta consumazione di qualcosa. E anche, eventualmente, di riproporla così", come affermava Gianfranco Zaccaro. Questa musica, questi brani, non possono che esser eseguiti partendo da una loro materialità sovente povera, gracile, si diceva, è solo l'esecuzione la trasformazione alchemica che riplasma in metallo prezioso la pietra inerte e solo nell'esecuzione la pagina paganiniana (sia già rossiniana o meno) piuttosto che l'acrobazia meta-bizetiana o il divertissement su Rota o sul talðtanghèro, assume un qualche senso: fornisce buona prova di sé, si giustifica e vale la pena d'esser ascoltata. 
La pudicizia interpretativa è fatta di una sorta di rivestimento postmodernista al limite (ma anche oltre il limite) della trascrizione e della parafrasi che posson nascere sotto il segno del cosmopolitismo, della divulgazione, della propaganda e della mondanità, e posson contribuire enormemente all'evoluzione della tecnica strumentale e alla promozione degli scambi musicali, è vero, ma che prima di tutto costituiscono il gesto musicale l'unico espediente che assicuri che ciò che ascoltiamo è "vivo". E' forse questo il disegno cui allude Luciano Berio: "Mi interessa cioè la trascrizione quando fa parte di un disegno, di una visione musicale coerente e omogenea anche se talvolta le ragioni pratiche e di costume sembrano esserne le motivazioni più importanti". 
Viviamo, e Rocco Parisi ne è senz'altro consapevole, sull'orlo del baratro culturale e sociale, ben oltre la "morte dell'arte", ebbene: per morire bene, che &egrave poi come dire: per vivere bene, occorre aver coscienza, scegliere essendo certi di soffrire le scelte, ma anche essendo certi di divertirsi, di occupare - discernendo - un tempo che sempre più sfugge e sgomenta chi non &egrave in completa sincronia con gli istanti velocissimi e le modalità superficiali del nostro elettronico debout de siècle. Solo questa prospettiva non-auratica garantisce la funzione di testimonianza, l'unica funzione morale possibile dell'arte oggi. Il resto, si vedrà, è "politica". Ma la musica non significa niente, dunque significa tutto... crollata ogni illusione taumaturgica in musica (o nella cultura tout court) altro non si può fare che della musica che rifiuti ogni asservimento all'utile o al vero. Solo proprie o altrui traduzioni e, come si sa, ogni traduzione è un tradimento. 
Ovviamente, in quest'ottica, mutare il carattere, la fisionomia di un brano non costituisce un peccato mortale, come scriveva Zelter, musicista amico di Goethe: "Paganini fa impazzire uomini e donne con il suo maledetto violino... E' straordinario quello che sa fare, e bisogna ammettere che la sua maniera di suonare raggiunge l'effetto desiderato pur restando incomprensibile agli altri virtuosi. La sua è più che musica senza essere grande musica, e probabilmente resterò di questo parere anche dopo averlo ascoltato ripetutamente...". E quel grande e acuto studioso della composizione che fu Adolph Bernhard Marx (docente di Teoria musicale presso l'Università di Berlino), sempre riferendosi a Paganini - che abbiam individuato quale nostro modello compositivo-esecutivo - afferma: "Ma è la poesia interiore della sua fantasia che prende forma davanti ai nostri occhi che affascina gli uditori. Quello non era più un violino, non era musica, ma stregoneria; comunque era pur sempre musica ma di un genere al quale non siamo abituati". 
Così come questo non è più un clarinetto basso, non è musica, ma stregoneria, ma opera di se-duzione, ammaliamento, e pur sempre musica, ma di un genere cui non siamo avvezzi.
E così un disco proposto all'insegna del virtuosismo flamboyant diventa un saggio di incantamento musicale, e insieme di retorica affettiva, e insieme di testimonianza e riflessione morale. Non mi pare poco, per un clarinetto basso.

Stefano A.E. Leoni
Conservatorio di Musica di Torino

Date

22 Settembre 2016

Tags

CD