10 ottobre 2008, ore 18.00
Vecchia Pescheria - Udine
John Cage
33 – 1/3
“[...] è un titolo che non dice niente di più che la velocità di un disco microsolco. Quando lo eseguimmo per la prima volta, avevamo predisposto una dozzina di giradischi e all’incirca 250 dischi. Il pubblico, quando entrò nella sala, non trovò sedie per sedersi. C’erano solo dei tavoli, attorno alla sala, con pile di dischi, e degli altoparlanti sparsi un po’ovunque. Divenne presto evidente per ognuno del pubblico che, se si voleva un po’ di musica, bisognava prodursela da soli. Da lungo tempo avevo cercato ciò che oggi chiamano un mezzo per far partecipare il pubblico. Ma non vedo come la gente possa mettersi al pianoforte se non l’ha studiato. Invece quel che può essere lasciato a tutti è un giradischi”
da John Cage, Per gli uccelli. Conversazioni con Daniel Charles, Milano, Multhipla Edizioni, 1977.
Compositore d’avanguardia, l’americano John Cage (1912 - 1992) ha fatto numerosi esperimenti sulla natura del suono proponendo nuovi sistemi di notazione musicale. Le sue idee innovatrici sulla composizione e sulla performance hanno influenzato musicisti, pittori e coreografi.
John Cage ha messo in discussione tutti i preconcetti musicali ereditati a partire dal diciannovesimo secolo e sviluppato le sue piene potenzialità in un clima di contraddizioni. Il compositore Arnold Schoenberg, suo insegnante, ebbe modo di definirlo “non un compositore, ma un inventore di genio”.
Ha ricevuto riconoscimenti e premi; alcuni importanti critici musicali si sono espressi in maniera entusiastica verso i suoi lavori. Tuttavia, per la maggior parte del pubblico e perfino per molti musicisti le sue composizioni, particolarmente quelle dell’ultimo periodo, rimangono sconcertanti e quasi ingiuriose, costituendo un mondo anarchico di rumore che non può neppure qualificarsi come musica.
Per Cage in realtà “tutto ciò che facciamo è musica”. Egli credeva che la funzione dell’arte fosse quella di imitare il modo di operare della natura e, a questo scopo, ha provato a comporre musica che richiamasse le forme dello sviluppo organico considerando alla stessa maniera la bruttezza, il caos e i contrattempi, così come la bellezza, l'ordine e la prevedibilità.